
La possibilità di spegnere un forno per la tempra del vetro per poi riaccenderlo il giorno successivo, senza incorrere in bruschi “shock termici” o costi esorbitanti per il riavvio, è un tema su cui si discute molto e che spesso suscita dubbi, anche negli addetti ai lavori.
Alcuni sostengono che spegnere il forno possa provocare danni e usura alle strutture metalliche o dispersioni di calore tali da vanificare l’eventuale risparmio energetico, mentre altri ritengono che sia comunque inutile.
Ma da dove nascono tali convinzioni? L’isolamento termico fa la differenza
Un forno per la tempra del vetro funziona a temperature comprese tra 650°C e 700°C (o anche più alte) e, se l’isolamento non è adeguato, è inevitabile che cali bruscamente fino a raggiungere la temperatura ambiente in poco tempo quando viene spento. In questo caso siamo d’accordo sull’affermare che si creerebbe uno stress significativo sui materiali e sulle strutture all’atto del riavvio tale da non giustificare, in termini di vantaggi, questa operazione.
Nei forni Mappi, invece, adottiamo materiali ad alto potere isolante di altissima qualità, capaci di mantenere una temperatura interna di 450-500°C per molte ore dopo lo spegnimento. In pratica, il forno “si raffredda” molto lentamente, rimanendo a un livello relativamente alto per molto tempo, evitando escursioni termiche estreme e repentine. Perché se riscaldare il forno è un costo, lasciar disperdere il calore è uno spreco assolutamente da evitare.
Meno energia per tornare “ON”
Quando, al mattino, l’operatore riaccende un forno Mappi, il processo di riscaldamento, dunque, non dovrà partire da 20°C bensì da 450-500°C: basteranno così circa 150-200°C di differenza da colmare, un’operazione che in termini di bilancio energetico risulta estremamente vantaggiosa. Inoltre, l’acciaio e gli altri componenti strutturali del forno non subiscono variazioni repentine di temperatura, riducendo drasticamente il rischio di microfessurazioni, deformazioni o tensioni interne.
Ma come ci riusciamo? Il “segreto” risiede in un accurato dimensionamento dei pannelli isolanti, nella selezione di materiali con basso coefficiente di conduzione termica e di altissima qualità e una struttura in acciaio progettata per reggere le sollecitazioni termiche limitate — non quelle estreme di un raffreddamento totale. Parlando in termini ingegneristici, è ben noto che il gradiente termico (ΔT) influenza la durata dei componenti costruttivi della macchina. Riducendo lo sbalzo tra la temperatura di esercizio e quella “di riposo”, si preserva l’integrità del forno, prolungandone la vita operativa e garantendo l’investimento in termini di efficacia ed efficienza.
Un risparmio reale… senza compromessi
La dispersione termica ridotta permette quindi effettivamente di risparmiare energia: non si spreca calore durante la notte e abbiamo bisogno di meno “carburante” (o elettricità) per riportare il forno al regime ottimale. Inoltre, l’assenza di shock termici garantisce una manutenzione più facile, con minori spese e meno frequente.
Perché molti dicono il contrario?
Se un forno è stato progettato con un isolamento scarso o con materiali meno performanti, spegnerlo significa davvero “azzerare” la temperatura e incorrere in stress costruttivi severi. È comprensibile che chi progetta forni di questo tipo tenda a sconsigliare lo spegnimento, preferendo una condizione di “caldo costante” per ridurre problemi interni o eventuali criticità. Ma questo approccio implica costi energetici più elevati e una minore flessibilità operativa.
Noi di Mappi invece abbiamo scelto di investire su un isolamenti di qualità, ricerca sui materiali e progettazione strutturale d’eccellenza, permettendo ai nostri clienti di spegnere e riaccendere i forni al bisogno, senza rischi. Qualcuno afferma che ciò sia impossibile? Forse i loro forni non sono progettati per poterlo fare in tutta sicurezza. Nel nostro caso, invece, è una funzionalità collaudata, che assicura risparmio energetico, riduzione degli sprechi e massima affidabilità. E se altri non riescono a fare lo stesso… significa che, probabilmente, c’è ancora un bel po’ di strada da fare per raggiungere i nostri standard di eccellenza.
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